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Vi avverto, sarò estemporaneo,
logorroico nel descrivere un album per il quale basterebbe la forma più
prolissa di sempre. Voglio togliermi lo sfizio di dedicarmi alle disquisizioni,
al mettere in luce il mio opinabile pensiero sul panorama di questo metal
settorializzato targato 2000. Inizierò con il presentarvi i Primal
Fear sotto una luce probabilmente diversa rispetto a molte altre. Ho letto
e ascoltato discussioni estenuati riguardo la veridicità e credibilità
della proposta dei Panzer, sul loro fotocopiare, sulla loro cronica mancanza
di originalità, sul loro riciclare idee preistoriche totalmente derivanti
da Accept e Judas Priest. Impossibile negarlo, le bands citate sono le principali
fonti di ispirazione per i Fear. Vorrei comunque umilmente guidarvi alla
base della genesi sonora del loro stile libero dallingombro del paragone.
Oggi siamo abituati a vedere sorgere gruppi dal nulla, creati ad arte da
qualche etichetta ed elevati in breve tempo a nuove sensazioni del metal.
Ma i Primal Fear sono una delle più fulvide eccezioni, lunione
fra gli ottantiani Sinner e TyranPace rispettivamente guidati da Matt
(bass, vocals) e da Ralf Scheepers (successivamente in forza nei Gamma Ray).
La fusione fra il sound dei peccatori di Nature of evil targato
98 (lalbum più heavy-oriented ed oscuro della loro discografia)
e i Pace di Long live metal datato 85 sono le fondamenta
dellattuale combo tedesco. Certo loriginalità non è
mai entrata a far parte del DNA di questi personaggi e le loro creature
non sono mai decollate veramente, nonostante la passione e la dedizione
profusa. Ma dopo 15 anni di gavetta, qualcosa è cambiato e la sorte
è stata benevola. Per questa ragione mi sento di conferire ai Fear
la palma dellabnegazione al duro lavoro. Liniziare a vendere
una buona quantità di copie è unarma a doppio taglio,
uno status che a lungo tempo può nuocere gravemente alla salute!
Arrivando al punto i Sinner non hanno mai scritto albums rivelatisi sterili
copie dei loro predecessori (dal più acerbo ma validissimo hard-rock
oriented Cominout fighting del 86 al più
heavy Judgement day del 97) e i Tyran'Pace, periodo Scheepers,
hanno diversificato la loro proposta, mentre i Fear ci propongono ogni anno
la stessa zuppa, fritta con Nuclear Fire e piu o meno strafritta
con Black Sun. Adesso pensate di essere diventati, dopo anni
di anonimato e sudore, i capo redattori di un qualsiasi quotidiano, con
i vostri lettori in totale adorazione per una tradizionale rubrica che avete
sempre trovato spudoratamente pacchiana. Come reagire di fronte ad un simile
dilemma? Forse cancellereste tale spazio mettendo a repentaglio il dolce
suono di tante monetine pronte a riversarsi in un monumentale salvadanaio
a forma di porco? Credo che Matt & company si trovino proprio in questa
situazione e probabilmente vi resteranno fino a che vi sarà una schiera
di adoratori pronti a ricomprare per 10 volte lo stesso prodotto, dotato
di copertina differente, in nome dellartefatto sistema a titolo true
metal! Sinceramente vedere persone che insultano e lanciano bottiglie
sulla testa di Tommy Lee durante le passate edizioni del Gods of Metal mi
ha fatto riflettere su questa mania di discriminare, di sezionare il rock
fra generi e sottogeneri, di credersi unici depositari di una verità
introvabile! Ovvio una divisione può essere utile in ambito di recensione
e vendita ma non nelle menti delle persone. Vi consiglio di ascoltare musica
a 360° e fra questo di scegliere la proposta più stimolante senza
creare condizioni pericolose o estremismi di sorta. Vivi e lascia vivere!
Venendo al punto lalbum in questione è come al solito cantato
stratosfericamente da uno dei pochi eredi del grande Rob Halford e suonato
chirurgicamente da musicisti esperti. Le atmosfere risultano per certi versi
più riflessive ed oscure rispetto al precedente lavoro, così
come implicitamente annunciato dal titolo e dai colori cupi della copertina.
I tempi medio-veloci, scanditi da squadrati e granitici riffs made in Sinner
anni 90, la spuntano sugli episodi speed oriented unicamente rappresentati
dalla ruvida Fear e da Controlled, lasciando spazio
al sostenuto metal anthem di Lightyears from home, alle power
ballad dallalto tasso energetico di Silence e Magic
eye e alle più tipiche Revolution e Mind
Control. Lunica misera evoluzione sembra relegata alla volontà
dei Fear di rendere le strutture delle songs lievemente più complesse
ed eterogenee rispetto al passato. Tuttavia lascolto mi ha lasciato
per buoni tratti indifferente e spento il lettore mi ha assalito un profuso
senso di incompiutezza colmato con la messa in onda del precedente e nettamente
superiore Nuclear Fire! Con rispetto, che barba, che noia, che
barba , che noia
Recensione Realizzata da Bruno Rossi. |
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Vote: 6,5 |