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La Svezia non è solo
patria di chitarre ruggenti, di Backyard Babies e The Hellacopters, ma anche
di altre succulente realtà che non seguono la filosofia scan rock.
Certamente il panorama svedese trasuda musica da tutti i pori, facendomi
constatare come la qualità della maggioranza delle bands in circolazione,
più o meno famose, è certamente ottima. Quindi parlerei di
una mirabolante associazione tra quantità e qualità. I Piper
non vengono meno a questa premessa, infatti il quintetto in questione, composto
dallamericano Glen Gilbert (vocals) e dagli svedesi Martin Andersson
(guitars, backing vocals), Mathias Westerdahl (guitars, backing vocals),
Henrik Andreasson (bass) e Ola Lindström (drums), ricalca le scene
dallestate 1998 e ci propone con questultima fatica (targata
settembre 02) un pop rock di classe sulle orme di Weezer e Wannadies.
Le songs qui presenti sono guidate da melodie portanti di sicuro effetto
graziate dal pathos emanato dalle linee vocali di Gilbert, singer dalle
indiscutibili doti canore, capace di interpretare alla perfezione le atmosfere
di ciascuna song. Le chitarre vengono a puntellare ogni episodio disegnando
riffs e solos in bilico fra melodia ed una palpabile elettricità
mai troppo invadente, come ci dimostrano in particolare le evoluzioni insite
nei pulsanti turbinii sonori a titolo Losing it o Force
of habit. Songs dove tutti gli elementi sono centellinati, ragionati
ed amalgamati alla perfezione in modo da giungere ad un risultato finale
che lascia sbalorditi sul piano della maturità artistica. Stay
tonight è una ballata damore intensa e malinconica, qui
riproposta in 2 versioni differenti: la prima in veste live acoustic
guidata unicamente dalle chitarre mentre la seconda indicata come home
recording accompagnata dalla batteria e da una verve maggiormente
elettrica. Not too late apre con i suoi coretti catchy e le
sue ritmiche dozzinali, per poi svilupparsi tramite un buon crescendo elettrico
capace di guidarci al chorus di rito. Microbus poggia invece
su ritmiche che potrebbero ricordare vagamente i Green Day, fra chitarre
elettriche ben presenti e la solita propensione alla melodia. Unabbondante
quarto dora demozionale e maturo power pop targato Piper: una
band da tenere seriamente in considerazione nellevenienza di un luminoso
futuro che appare sempre più fulgido, ascolto dopo ascolto! Recensione Realizzata da Bruno Rossi. |
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