Halfway To Gone Official Website | Small Stone Records Official Website
Halfway To Gone S-t Cover
Artist: Halfway To Gone
Location: New Jersey, U.S.A.
Line-up:

Lee Stuart (guitars, hammod, keys), Danny Gollin (drums, vocals on "Out On The Road"), Lou Gorra (bass, vocals)

Album: S-t
Label & Pubblication Year: Small Stone Records, 2004
Tracklist: Turnpike / Couldn't Even Find A Fight / Hammer's Fallin' / Slidin' Down The Razor / Black Night / Good Friend / His Name Was LeeRoi... (The King Of Troi) / Burn 'Em Down / The Other Side / Out On The Road / King Of Mean / Mr. Nasty Time
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Gli Halfway To Gone sono, per chi ancora non li conoscesse, un trio proveniente dal New Jersey, creato dall'ex-Solarized Lou Gorra. La band ha all'attivo uno split con gli Alabama Thunder Pussy (Game Two/Underdogma Records, 2000) e due full-lenghts: "High Five" (2001) e "Second Season" (2002), usciti entrambi per la Small Stone Records, attivissima etichetta di Detroit che vanta nel proprio roster band del calibro di: Dixie Witch, The Glasspack, Puny Human, Five Horse Johnson, etc.. Inoltre Gli Halfway To Gone hanno condiviso il palco con Nashville Pussy, Suplecs, Nebula, etc.. Questo terzo album, uscito nel corrente anno, sempre per Small Stone Records ci mostra i nostri alle prese con uno stoner, anche se questa definizione è iper restrittiva, influenzato dall'hard rock 70's, non è un caso che fra le songs compaia la cover di "Black Night" dei Deep Purple, da sprazzi blues oriented, da frangenti dediti ad un riffing di stampo heavy, da incursioni nel southern dei Lynyrd Skynyrd e da puntate lisergiche e psichedeliche. Fatto sta che questo lavoro è pervaso da un groove, da un feeling e da una potenza che, già dal primo ascolto, sono riusciti a catturarmi in pieno. Lou Gorra ha una voce caldissima e sporca, come se mezzo timbro fosse rimasto nei 70's, tanto da darmi l'impressione che in sottofondo ci siano vibrazioni del migliore Lesley West dei Mountain, e l'altra metà fosse corsa dietro agli 80's più metallici, nel nome di Dave Mustaine. Quando "Turnpike" inizia a fare traballare gli amplificatori, la matrice stoner si impossessa della scena, i ritmi rallentati e le chitarre creano un amalgama spessa come la più nebbiose delle giornate spese nel bel mezzo della pianura Padana. Sono semplicemente 4 minuti abbondanti di affascinante angoscia gettati a profusione sull'ignaro ascoltatore! Con "Couldn't Even Find A Fight" il tiro si sposta verso un heavy'n'roll che, nella propria struttura strumentale, è riuscito a ricordarmi un mix fra i pezzi più sparati dei cult heroes canadesi Sword, i migliori Megadeth e i Judas Priest. Ritmi veloci e riffs taglienti come un rasoio per un'altra perla di casa Halfway To Gone. "Hammer's Fallin'" e "Slidin' Down The Razor" vanno a fondersi in una sorta di mini suite, entrambe le composizioni presentano rafforzati ritmi slow, ma mentre la prima ha un retrogusto di stampo hard rock 70's la seconda si fà più ossessiva e cupa, aprendosi a soluzioni più metalliche per poi degradate, sul finire, in un trip di lisergia, immerso nelle distorsioni delle chitarre. "Black Night" è pura dimostrazione della classe degli Halfway To Gone, i quali, senza stravolgere, rivedono in maniera eccelsa questo classico senza tempo dei Deep Purple. L'Hammond di Lee Stuart diventa quello di Jon Lord e la voce di Lou Gorra diffonde larghe dosi di pathos pur attenstandosi su tonalità più basse rispetto a quelle di Ian Gillan. "Good Friend" dopo lo spunto iniziale dalle tinte blues, si apre ad un mid tempo dai riffs squadrati e stoppati fra tendenze stoner ed heavy metal. Si passa poi alla strumentale "His Name Was LeeRoi...(The King Of Troi)": un lampo di innata classe 70's, vicina alle divagazioni allucinate di Led Zeppelin, Mountain o Purple. "Burn 'Em Down" torna a pestare fra Megadeth e Motorhead mentre "The Other Side" è una ballad atmosferica, vicina ad alcune cose degli scandinavi Lotus. L'indole più tiepida del cd prosegue con "Out On The Road", nella quale vengono a fare capolino le radici blues e southern degli Halway To Gone. Sul finire c'è tempo per un'altra iniezione di potenza, con la arrembante "King Of Mean", nella quale Lee Stuart dimosta, ancora una volta, di essere un guitar player sopraffino, e per un'altra dimostrazione di stile con il soffuso strumentale "Mr. Nasty Time", capace di riportare le lancette dell'orologio indietro di 30 anni. Emozioni a non finire, che non posso fare a meno di premiare con uno dei voti più alti che la storia di The Rock Explosion ricordi. Questo è un magnifico esempio di musica con la "M" maiuscola!

Recensione realizzata da Bruno Rossi

Vote: 8,5