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The Glasspack Official Website | Small Stone Records Official Website | |||||||||||||||
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Ecco provenire da Lousville un' altra incandescente rock'n'roll band! Questa volta è il turno dei The Glasspack, formati all'inizio del 1999 dal frontman e songwriter "Dirty" Dave. Dopo la release del loro primo full-lenght "American Exhaust", la band è entrata nel roster della Small Stone Records, realizzando per detta etichetta il secondo lavoro titolato "Powderkeg" ('02). I the Glasspack hanno raggiunto così una certa popolarità che li a portati a clacare i palchi assieme a bands quali: Gaza Strippers, The Immortal Lee County Killers, The Hookers, Nebula, etc.. La band si dice influenzata da The Stooges, MC5, Cream, Creedence Clearwater Revival, Kiss, Black Sabbath, AC/DC, The Misfits, Monster Magnet, etc. e ascoltando questo terzo lavoro, sempre su Small Stone Records, non saprei proprio come smentirla. Lungo questi 11 brani la band sembra ripescare primcipalmente da The Stooges e MC5, misturando la carica primordiale del rock'n'roll con sonorità derivate dallo stoner dei Monster Magnet. Quest'ultima band ha infatti cooperato attivamente con il batterista Bob Pantella impegnato nel lavoro di mixaggio dell'album e alle prese con il basso in "Gettin' Shitty" ed il chitarrista solista Ed Mundell occupato in "Peepshow". Probabilmente questa è la realease più squassante che i The Glasspack hanno immesso sul mercato durante il corso della loro carriera. Infatti i riffs delle chitarre sono più pesanti e la voce di "Dirty" Dave, perennemente sepolta dagli effetti, risulta più cattiva rispetto al passato. "Twenty-Five Cents" è un uragano profondamente contaminato da connotazioni stoner nel quale fuoriescono, oltre alle più evidenti e già citate influenze, alcuni lievi accenni Sabbathiani. "Barn Party" si evolve in uno scatenato rock'n'roll che ricorda gli episodi meno lisergici dei Monster Magnet, oppure un'ipotetica versione stoner dei Filthy Jim! Dopo la tosta "Oil Pain" suggellata dal prezioso apporto delle chitarre soliste è il momento della rivisitazione di "Gimme Shelter", cover dei Rolling Stones, riletta secondo un ottica grezza ed allucinata. Lo stupro è totale, tanto vero che riconoscere l'originale è a tratti missione più che ardua! "Hydroplane", "Hairsoup" e "Gettin' Shitty" rappresentano la prima parte strumentale del lavoro. Il primo episodio è dominato dalle grandi dosi di chitarre iper amplificate, il secondo sfiora i 7 minuti di lunghezza e rappresenta un lisergico, atmosferico e lento trip nel suo crescendo dai più calmi ed intimisti istanti iniziali fino alla spaziale e virulenta potenza centrale. A dire il vero il brano in questione contiene brevissimi accenni di cantato, ma la loro economia nel complesso è totalmente trascurabile. L'ultima pallottola della triade se ne esce con veloci ritmi rolleggianti che fungono da tratto di unione con la successiva "Lil' Birdie", per la quale un album quale "Kick Out The Jams" è la luce, la vita, la morte ed anche il miracolo! Con "Bridgeburner" si apre la seconda triade strumentale del lavoro. E questa volta i The Glasspack giungono al delirio più che totale. Ciò che la band di Louisville riesce a produrre in questi momenti manderebbe fuori di testa anche il più comune degli esseri umani o in alternativa potrebbe fungere da definiva mazzata per chi i neuroni li ha già mandati in pensione da anni e anni! Effetti o vocalizzi, difficile decretare se gli uni o gli altri in mezzo a simile marasma sonoro, che riproducono una sorta di Ian Gillan in acido impegnato a seguira le evoluzioni di Blackmore accompagnati da suoni malati sparati a destra e a manca pervadono per intero "Bridegeburner" per poi diventare leggermente meno ossessivi nella ripresa di "Hydroplane" e trasformarsi nello squarcio di chitarra solista 70's oriented titolato "Peepshow"! I The Glasspack definiscono la loro musica come "Dirty Ass American Rock'n'Roll". Io vi aggiungerei qualche aggettivo dedicato ai superalcolici, all'erba e al LSD, ma in definitiva quella che "Bridgeburner" ci consegna è una band come poche, almeno nel panorama attuale. Pazzi, alieni, sporchi, cattivi, spaziali, lisergici e allucinati; in definitiva degni di comparire fra i top albums che The Rock Explosion! Recensione realizzata da Bruno Rossi |
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