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Black Cat Nine Official Web Site | |||||||||||||||
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Corre l'anno 2002, il sottoscritto
si reca ad una serata al Transilvania di Milano e si becca fra le corna
un'infiammata esibizione dei Black Cat Nine, intenti nel promozionare la
loro ultima uscita "Genuine Worldshakers", accaparrandosi fra
l'altro uno dei cd gettati dai quattro gratuitamente in pasto al pubblico
alla fine del concerto. Passano 2 anni e con una formazione rinnovata dall'entrata
del chitarrista Andy Tonin, in sostituzione del fuoriuscente DJ Parker,
ecco tornare il quartetto di radici americane con base a Vicenza, con una
nuova dose di potente hard rock. La regola si conferma ed il titolo del
nuovo lavoro non è un misero autoproclama ma riflette veramente la
condizione attuale del quartetto: infatti se la prova precedente sapeva
scuotere ma non andava oltre, questa volta i Black Cat Nine piazzano una
manciata di tracce dalle potenzialità elevatissime, capaci di farli
balzare, quasi solitari, ai vertici al movimento hard rock tricolore. I
Black Cat Nine danno fuoco alle polveri, e rivestono, almeno nella prima
parte del lavoro, le proprie composizioni con una prestante attitudine metallica
e moderna. E' così che capita di incontrare chitarre d'ispirazione
thrash in "Nothing But Hate" pervasa dalle atmosfere marziali
create dal ribollente refrain, o un arrembante attacco infarcito di richiami
ai Beautiful Creatures quale "Sick". C'è poi spazio per
il dinamismo dell'anthemica "Heads Will Roll" nella quale a salire
in cattedra è Andy Tonin, un chitarrista che grazie alle proprie
inarrestabili scorribande soliste sembra aver messo le ali sotto i piedi
ai Black Cat Nine, senza bisogno di Red Bull alcuno! Certo "King Of
The Hill" non perde nemmeno di vista i territori più classici
e così la title track e la seguente "Scratch That Itch"
vanno a parare nel segno di Ac/Dc, Junkyard o se volete dei più attuali
ed a mio avviso ottimi canadesi Stampede Queen. Superata la metà
"King Of The Hill" riserva ulteriori e gustose sorprese. E' infatti
il turno di "Psycho Boy" che per buona parte della propria durata
scorre verso un hard rock dalle tinte fortemente punk, tanto da ricordarmi
in alcuni frangenti la reinterpretazione degli Skid Row di "Psycho
Theraphy" per poi lasciare spazio, nella parte centrale, a lampi di
pura alienazione. C'è poi spazio per un altra traccia anomala quale
"Pieces", episodio che alterna versi ritmati esclusivamente dal
basso di Roy Reynolds e dalla batteria di Teddy Freese con chiassose esplosioni
sonore figlie non riconosciute dei Nashville Pussy. "Walking On Glass"
e "Helpless" portano verso scenari più cupi rispetto al
resto del lavoro mentre la conclusione viene affidata a "Shout It Out"
che non solo per il titolo ricorda i Kiss. Tirando le somme "King Of
The Hill" è un lavoro che pur senza perdere il bandolo della
matassa o risultare dispersivo, si mostra variegato, eterogeneo e maturo
fotografando lo stato di una band giunta probabilmente all'apice del proprio
splendore. Una produzione di livello assoluto realizzata sotto la guida
di Angelo Giordano presso il Modus Prgetti Musicali Studio di Vicenza ed
una veste grafica spartana ma d'impatto ad opera di Nathan Griff, aggiungono
ulteriore valore a questo "King Of The Hill" che senza indugio
ferma la propria corsa sul trono di top album! Recensione realizzata da Rossi Bruno |
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