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Artist: Bassholes
Location: Columbus, Ohio, U.S.A.
Line-up: Don Howland (vocals, guitar, keyboard), Lamont Thomas (drums)
Album: Bassholes
Label & Pubblication Year: Dead Canary Records, 2005
Tracklist: Broke Down Engine / Blackbird / Hell's Angel / Daughter / Fascist Times / Purple Noon / Caravan Man / High Up In The Treetops / Bridgett / Shotening / St.Matthew / John Barleycorn / Heaven and Hell / Dingleberry Jam
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I Bassholes sono in giro da un bel pò di tempo, e la novità più gustosa riguarda il fatto che sul finire di Febbraio raggiungeranno anche i palchi italiani (per essere al corrente delle date potete fare riferimento alla sezione Live Events di The Rock Explosion). Per la precisione l'epopea firmata Bassholes inizia nel 1993 con il primo full length titolato "Blue Roots" edito da In The Red. Si prosegue poi sotto l'egida della medesima etichetta con "Haunted Hill" ('95), Deaf Mix Vol. 3 ('97) e "When My Blue Moon Turns Red Again" ('98), mentre per Matador Records esce "Long Way Blues" ('98). Gli ultimi capitoli dei nostri sono "The Secret Strength Of Depression" uscito nel 2000 per Sympathy For The Record Industry e l'EP "Out In The Treetops" targato 2004 ed edito da Dead Canary Records. Nell'anno corrente esce questo omonimo lavoro, primo full-length dei Bassholes su Dead Canary. Il duo proveniente da Columbus, Ohio, si fa supportare da una lunghissima serie di artisti, così nella proposta musicale dei nostri troviamo pure inserti di armonica, banjo e dobro. Etichettare la proposta dei Bassholes è un dannato enigma, definirli eterogenei è quasi riduttivo, ma la componente blues è sicuramente quella predominante. Non a caso si parte con "Broke Down Engine", originariamente scritta da Blind Willie McTell attorno al 1920, una blues song, registrata dal vivo, lievemente irruvidita da un approccio garage e low-fi. Song che in certe sfumature sembra avere punti di contatto con la celebre "Whola Lotta Love" degli Zeppelin. La seguente "Blackbird" è un delirio imperniato su di lisergico slow di derivazione country blues reso totalmente folle dal cantato schizzato di Howland. "Hell's Angels" si tinge di atmosfere più cupe, ammaliando grazie al proprio minimale intimismo. Si torna su territori più canonici con il vibrante country di "Daughter" ma presto Howland decide di riavvolgerci con la propria verve psicotica e "Fascist Times" va addirittura a sconfinare nel Jazz. I garagisti impazziranno sulle note della ruvida "Purple Noon", la quale chiama pure in causa i fondamentali Stooges. A seguire arriva la rivisitazione di "Caravan Man" targata Lew Lewis, e graziata da una lunghissima ed ipnotica digressione della chitarra di Derek Dicenzo. Quest'ultimo è ospite dei nostri così come Lou Poster dei Grafton, già positivamente recensiti su The Rock Explosion. "Bridgett" è una drammatica e tetra ballata, magnetica ed affascinante nella sua intima natura teatrale ed acustica. "St.Matthew" si ritaglia la mia stima più incondizionata: torrido blues supportato dai fondamentali inserti dell'armonica di Pete Remenyi. I Bassholes riprendono quindi la tradizionale "John Barleycorn", classico che risale ai tempi del proibizionismo e della chiusura verso le sostanze alcoliche (ancora attuale, almeno da queste parti! O sbaglio? Pensate al divieto di fumo!). I nostri tingono il tutto con atmosfere psycho noire per un apprezzabile risultato finale. Sul finire i Bassholes riprendono "Heaven And Hell"d egli Who e mettono la parola fine al lavoro con "Dingleberry Jam", elettrica improvvisazione strumentale di una band guidata dall'estro incontenibile di Don Howland. Se fate parte della schiera open-minded ed apprezzate ciò che non rientra nel convenzionale, allora capirete perché i Bassholes possono finire di diritto sulla prima pagina di The Rock Explosion!

Recensione realizzata da Rossi Bruno
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